Rabbini

21 Tammuz 5784

Acharonìm. Letteralmente “Gli Ultimi”. In generale sono così chiamate le autorità rabbiniche dal 1400 in poi.

Adam Kadmon – AK (א”ק).  Espressione della lingua ebraica che significa Uomo primitivo oppure Uomo superiore, Uomo Universale. Quet’uomo è completamente distinto da Adamo, il primo uomo creato, del quale la Kabbalà ritiene che l’Adam Kadmon sia l’archetipo. Secondo Luria l’Adam Kadmon è il primo essere originato nel raggio dell’essenza divina, nello spazio primordiale. Si tratta della prima configurazione della Luce divina e della forma più alta con la quale la Divinità si manifesta dopo l’evento dello Tzimtzum. L’Adam Kadmon e l’Albero Sefirottico sono considerati una sola realtà espressa in due modi differenti.

Adar (אדר). Termine aramaico che significa il nuvoloso ma, anche, nascondiglio, e indica il dodicesimo mese del calendario ebraico (febbraio-marzo) che rientra nel segno dei Pesci. E’ quest0 il mese più piovoso dell’anno e, per il popolo d’Israele, la pioggia è simbolo di vita e della benedizione Divina, della ricchezza e della fertilità. In questo mese, e precisamente al settimo giorno, nacque e morì Mosè.

Adon Olam. Espressione che significa “Signore – Padrone dell’Universo, o dell’Eternità” indica un famoso inno che fu scritto tra la seconda metà del sesto secolo e la prima metà del settimo, di cui non si conosce l’autore.

Adonai (אדני). Plurale di Adon che significa “Signore”; è il termine che viene usato solo in riferimento a Dio. Nella Bibbia greca corrisponde al termine Kyrios.

Afikomen o Afikuman. Parte del pane azzimo che viene consumato durante la sera del Seder, la sera di Pasqua, in ricordo dell’esodo dall’Egitto.

Aggadà. (vedi Haggadà)

Agiografi. (ved. Ketuvìm)

Agla (אגל”א). Sigla di una frase ebraica che significa: “Tu sei Onnipotente in eterno, o Signore“. Secondo la Kabbalà le si attribuisce un potere apotropaico e, in particolare, la protezione dalle forze negative.

Ain (ע). Sedicesima lettera dell’Alfabeto ebraico, la cui forma è stata paragonata da alcuni a quella degli occhi, da altri a quella di una valle; nel libro Pardes Rimonìm la Ain è posta in relazione con la Sefirà di Yesod e le due linee che la compongono simboleggiano i due canali escretori, uno del seme, l’altro delle impurità liquide. E’ il segno del senso materiale, l’immagine del vuoto e del nulla. Il nome che le è attribuito è Azaz, che significa forte.Nel Sefèr Yetzirà è scritto:”Egli fece regnare il segno Ain sulla Collera, legò a lui una corona, purificò questo con quello e fece con esso il Capretto nell’Universo, Tevet nell’Anno e l’intestino nell’Organismo, maschio e femmina”. Quando questa lettera si presentò dinnanzi a Dio gli disse: “Signore dei Mondi, Ti piaccia servirti di me per fare la creazione del Mondo perché io sono l’iniziale della parola Anavà – modestia”. E Dio le fece osservare che era anche l’iniziale della parola Avon – peccato, e aggiunse: “Non mi servirò di te per fare la creazione del mondo”.

Alef. (א) Prima lettera dell’alfabeto ebraico. È questa una delle lettere mute, che riceve il suono dalle consonanti poste sotto o all’interno delle lettere. Secondo la Kabbalà ed in particolare secondo il Sefèr Yetzirà, questa è una delle tre “Lettere Madri“ insieme alla Mem ed alla Shin. È il simbolo dell’inizio e della fine, nonché dell’universo e sintetizza tutti gli stadi della creazione. Anche se costituita di diverse parti. È da considerarsi un tutt’uno; da essa dipendono i mondi superiori e quelli inferiori; il punto superiore è il simbolo del mistero del Pensiero Supremo; la barra orizzontale simbolicamente divide il mondo superiore da quello inferiore e al tempo stesso li media. Questa lettera simbolizza l’uomo universale, il genere umano. Geroglificamente rappresenta il principio astratto delle cose, l’Unità, l’Antico dei giorni, l’Ain Sof che contiene in Lui il principio lo sviluppo definitivo e potenziale dall’inizio alla fine. Scomponendo questa lettera si hanno tre lettere dell’alfabeto ebraico: la Yod la Vav e la Yod . La Ghematrià – il valore numerico, di queste tre lettere è 26, lo stesso del Nome di Dio.

Aliyà (עליה). Lettralmente “Salire“. Con questo termine viene indicata l’ascesi del mistico. Originariamente, indicava il pellegrinaggio a Gerusalemme e solo più recentemente  è passato ad indicare il fenomeno dell’immigrazione del popolo ebraico nella terra d’Israele.

Amalèk. Popolo discendente da un nipote di Esav da sempre nemico del popolo d’Israele, è l’esempio dell’odio gratuito verso Dio e gli ebrei.

Aman. Personaggio del libro di Esther che simboleggia la cattiveria e la malvagità. Fu il grand vizir di Astaserse, Re di Persia, nel IV° secolo a.E.V.

Amen (אמן). Termine ebraico che deriva da una radice che significa “Mostrarsi solido, Stabile” ha il significato di augurio “Così Sia“. È la più importante formula liturgica biblica.

Amidà (עמידה). Lettralmente “stare in piedi” è la parte principale delle tre preghiere della giornata, detta anche Shmoné Esré o Diciotto Benedizioni, che si recita in piedi e a bassa voce.

Ammà. (plur. Ammòt) Letteralmente braccio – cubito. L’origine fisica della misura corrisponde alla distanza tra il gomito e la punta del dito medio (che in ebraico è chiamato ammà). La misura lineare è pari a 6 palmi (tefakhìm). L’equivalente nelle unità di misura odierne varia, a seconda delle opinioni, va dai 48 cm. ai 57,6 cm.

Amos. Uno dei 24 libri del Tanàch, è uno dei Trè Assàr i dodici Profeti Minori.

Amoraìm. Termine che significa “Coloro che Parlano” indica, in genere i Maestri di epoca talmudica delle Scuole palestinesi e babilonesi che vanno dal III° al V° secolo E.V.

Anokì (אנכי). Termine ebraico che significa “Io Sono“. Con questa esortazione inizia il primo Comandamento del Decalogo. Nello Zohar si legge che la Scrittura ci indica che il termine Anokì abbraccia tutti i Nomi sacri, al tempo stesso tutti i Comandamenti della Torà. Anokì è il mistero del tutto, la sintesi di tutte le lettere di tutti i misteri, sia dell’alto che del basso.

Akedà. Letteralmente “legatura“. Il termine è generalmente utilizzato in riferimento alla legatura del Patriarca Isacco sul monte Moriyà.

Aramaico. Termine che deriva dall’ebraico aram, nome biblico della Siria. Indica una lingua semitica parlata durante l’era volgare in Siria ed in Mesopotamia. Gli studiosi distinguono: un aramaico antico riferito alle iscrizioni che vanno dal secolo IX° al VI° a.E.V., al quale si apparenta l’aramaico egiziano e un aramaico biblico che si riscontra in diversi testi biblici.

Aramei. Popolazione di stirpe semitica (discendente da Aram, uno dei figli di Sem), stanziatasi nella Mesopotamia settentrionale nel II° millennio a.E.V. Fondatori di diversi Principati indipendenti sulle rive del fiume Eufrate e in Siria, intorno al sec. X° a.E.V., furono soggiogati dagli Assiri. La loro lingua, l’aramaico, si impose al punto da sostituire perfino l’ebraico, e divenne la lingua parlata in terra d’Israele.

Aravà. (plur. Aravòt) Si tratta del salice, uno dei quattro componenti del  lulàv. Durante la festa di Sukkòt i rami di salice che vengono utilizzati per la costituzione del lulàv sono due.

Aravot. Termine che, come si legge nello Zohar, indica lo spazio che si estende al di sopra dei sette firmamenti, ha un’ampiezza di millecinquecento anni di cammino e il suo spessore è anche di millecinquecento anni. Esso rischiara con la sua luce tutti i firmamenti che sono al di sotto. Al di sopra dell’Aravot si trova il firmamento degli Chayot.

Aron. Personaggio biblico, fratello di Mosè, con il quale collaborò durante l’esodo dall’Egitto e durante i quarant’anni nel deserto. Fu il primo Cohen Gadol – Grande Sacerdote del popolo ebraico. Insieme alla mogli Elisheva fu costantemente impegnato ad evitare eventuali discordie tra i figli d’Israele. Fu lui che compì, alla corte del Faraone, il prodigio di trasformare la propria verga in un serpente, il quale divorò le verghe di tutti gli indovini egiziani. Fu anche lui che venne incontro alla richiesta del popolo di fabbricare il Vitello d’oro, quando Mosè salì sul Monte Sinai. Perdonato da Dio, per intercessione di Mosè (Deuteronomio 9, 20), morì all’età di 123 anni.

Aron ha-Berit. Letteralmente “Arca del PattoArca dell’Alleanza”. Indica il più antico oggetto di culto ebraico; è costituita da una cassa di legno di acacia, lunga 1,12 m. e larga 0,67 m. ricoperta internamente ed esternamente di una lastra d’oro puro, su cui era poggiata una lastra d’oro detta propiziatorio. Ai due lati del propiziatorio vi erano due figure di cherubini di oro puro. L’Arca, come si legge nell’Esodo (XXXV, 30 e segg.), venne costruita da un maestro artigiano della tribù di Giuda, di nome Betzalel, pochi mesi dopo che gli Ebrei erano usciti dall’Egitto. Venne inaugurata da Mosè nel Tabernacolo dell’accampamento e, da allora, venne trasportata in tutte le peregrinazioni del popolo ebraico, fino a quando ebbe sede stabile,dopo la conquista della terra di Kenaàn, nella cittadina di Shilò (Giosuè, XVIII, 1). Nel primo Tempio Essa era collocata sulla Evèn ha-Shetià Pietra di Fondamento su cui fu creato il Mondoma, dopo la distruzione del Tempio avvenuta nel 587 a.e.v., fu nascosta e lo rimarrà fino all’avvento del Messia.

Aron ha-kodesh. Letteralmente “Arca SantaArmadio Sacro”. Denominazione dell’armadio o del luogo nella Sinagoga in cui si conservano i Rotoli della Torà.

Ashàm. Sacrificio di un montone, parte del quale era bruciato sull’altare e parte consumato dai cohanìm nel santuario. Era prescritto nel caso di un furto sul quale si era inizialmente giurato il falso, per l’approvazione indebita di beni del santuario o quando sorgeva il dubbio di aver commesso una trasgressione che avrebbe richiesto un sacrificio khattàt.

Ashèr (אשר). Denominazione dell’undicesima tribù d’Israele, la quale viveva in uno dei luoghi più fertili della Galilea e i cui membri si distinguevano per il loro spirito autonomo e insofferente, qualità tipiche dell’Acquario che è il corrispondente segno di Ashèr. Tale tribù prende il nome da Ashèr, figlio di Giacobbe il quale, quando prima di morire, lo benedisse, pronunciò le seguenti parole: “Da Ashèr sarà dato il suo pane oleoso ed egli darà le delicatezze del re” . Mosè nel dare la sua benedizione ad Ashèr, disse tra l’altro: “Bagna nell’olio i suoi piedi“. Secondo la tradizione questa tribù si rivelerà pienamente nell’era messianica. Il simbolo di Ashèr è un albero.

Asherà. (plur. Asheròt) Si tratta di piante votive, consacrate, particolarmente frondose e situate in posizioni particolari oppure di aste o colonne di legno che venivano consacrate al culto di qualche divinità pagana.

Ashkenaziti. Termine che deriva dall’ebraico “Ashkenaz“. Indica una popolazione che discende da Jafèt [I figli di Jafèt sono: “Gomèr, Magog, Madai, Javan, Tubal, Mosoc e Tiras. I figli di Gomèr sono: Ashkenaz Rifat e Togorma” (Genesi 1o, 2-3)]; era stanziata a settentrione dell’attuale Siria. Il termine designa gli Ebrei dell’Europa centrale ed orientale che ebbero in Germania il loro centro di diffusione, per distinguerli dai Sefarditi. Attualmente costituiscono la maggioranza della popolazione ebraica di Israele, delle repubbliche del ex Unione Sovietica e delle Americhe. Il loro rito liturgico è molto vicino al rituale plestinese. Anche in alcune comunità ebraiche italiane si seguiva e si segue tutt’oggi il rito ashkenazita.

Asià. Termine che deriva da un verbo che significa “Creare – Formare” e si legge in (Isaia XLIII, 7): “Riconduci i miei figli dalle regioni lontane e le mie figlie dall’estremità della terra; tutti quelli che portano il mio nome, che io ho creato per la mia gloria e che ho formato sono opera mia“. Il termine indica uno dei Quattro Mondi, quello in cui hanno sede gli uomini che agiscono creando e formando con le loro azioni.

Asmodeo. Termine ebraico che significa “Il Distruttore“. Indica uno spirito maligno al quale Dio permise di soddisfare la sua ira contro i pretendenti di Sara, per punirli della loro cupidigia e libidine per questa donna, come si legge nel libro di Tobia.

Asmonei. (Vedi Chashmonaìm).

Atika Kadishà. Espressione kabalistica che significa “Santo Primordiale – Antico“. Indica uno dei due Parzufim (Aspetti) della Sefirà Keter; quello che sta più in alto di tutti. Nello Zohar l’espressione è usata al posto di Arich che significa “Santo Vecchio“.

Atzilut. Termine che significa “Emanazione“. Indica il Piano divino che è collocato al di sopra di quello spirituale. Nella Kabbalà, indica uno dei Quattro Mondi “Olam AtzilutMondo dell’Emanazione, è questo il mondo più alto tra i Quattro Mondi. Questo gravita sotto il dominio delle Sefirot, l’influenza delle quali si estende agli altri tre Mondi, dove ha inizio la loro attività.

Av (אב). Letteralmente “Padre“. Termine che, originariamente, in lingua siriaca indicava una persona verso la quale si nutriva grande rispetto. E’ il nome dell’undicesimo mese dell’anno ebraico e babilonese, corrispondente al periodo di luglio- agosto. In questo mese si usava tagliare i giunchi da utilizzare per la costruzione delle case. Il 9 di Av (Tishà Beàv) attraverso il digiuno, si ricorda la distruzione del primo e del secondo Tempio di Gerusalemme.

Azazèl. E’ un nome proprio, ma riguardo la sua vera natura esistono soltanto teorie. Alcuni Maestri tra cui il Radàk, dicono che indica una regione montagnosa, forse nei dintorni del Sinai. Altri, il Targùm Yonathàn ed il Sifra, sostengono che il termine indichi uno strapiombo roccioso dal quale veniva fatto precipitare il capro espiatorio sul quale era stata estratta la sorte che lo destinava a essere caricato dei peccati del popolo d’Israele.

Bàal. Culto idolatra, associato spesso a Peòr (Bemidbar 23, 28). Secondo la tradizione talmudica il culto di questo idolo comportava delle pratiche scatologiche.

Bàal-Shem. Espressione ebraica che significa “Signore del Buon Nome“. Indica i Maestri che hanno acquisito la conoscenza del Nome segreto di Dio, o anche la conoscenza o l’intuizione di altre forme arcane. Molti Chassidim meritarono questo appellativo.

Bar mitzwà. Letteralmente “figlio del precetto“. Cerimonia religiosa che segna l’entrata dell’adolescente maschio tredicenne nel mondo degli adulti. Da quel momento in poi egli può far parte del numero (minyàn) minimo di dieci necessario affinché la preghiera sia pubblica, cioè valida per tutti i presenti, anche per quelli che non hanno padronanza della lingua ebraica.

Bavèl. Babilonia (oggi l’Iraq), il cui popolo fu responsabile della distruzione del primo Santuario di Gerusalemme. A partire dal III° secolo divenne il centro della vita ebraica. Vi vivevano grandissimi Saggi, tra cui gli autori del Talmud. Verso la fine del primo millennio il centro si spostò in Nord Africa e poi in Spagna.

Behemòt. Mostro leggendario assomigliante ad un enorme ippopotamo, con la coda grossa quanto il tronco di un albero. Nel libro di Enoch si legge: ”In quel giorno due mostri saranno separati: la femmina si chiamerà Leviatan e avrà la sua dimora negli abissi, il maschio avrà il nome di Behemòt e occuperà con il suo petto un deserto sterminato chiamato Dendain”. Alcuni studiosi identificano Behemòt con la divinità egiziana Taueret, la dea-ippopotamo.

Behinot. Categoria ideata da Rabbì Moshè Cordovero per designare i molteplici e proteiformi aspetti che sono congeniti all’interno di ogni Sefirà e che rendono possibile il collegamento tra loro. Tra esse: 1) La Sefirà prima di manifestarsi è celata in quella precedente; 2) Manifestazione effettiva nella Sefirà precedente; 3) Apparizione come Sefirà in sé e per sé.

Belial. Termine che deriva dall’ebraico  e significa “Senza valore“; indica il demone della menzogna. Secondo la Tradizione è il capo di tutti i demoni il più dissoluto. In uno dei rotoli di Qumran, dal titolo “La guerra dei figli della luce e di quelli dell’oscurità” è scritto: “Tutti i suoi domini sono nell’oscurità e il suo scopo è quello di diffondere malvagità e crimini. Ogni spirito che si schiera dalla sua parte diviene un angelo di distruzione“. La frase “Figli di Belial” indica persone malvage che vivono senza legge e senza fede.

Béka. Unità di misura di peso. Questa è equivalente a mezzo shèkel. In termini odierni corrisponde a 5,9 oppure 7,08 grammi, a seconda dell’opinione dei Maestri.

Beniamino, tribù di. È una delle dodici Tribù d’Israele. Il termine deriva da Ben Yamin (Figlio della Destra), nome augurale che Giacobbe diede al suo ultimo figlio (la moglie Rachele gli avrebbe voluto imporre quello di Ben Onim (Figlio del Dolore), presentendo che sarebbe morta di parto). Quando Giacobbe prima di morire, lo benedisse, proninziò questa frase: “Beniamino è un lupo che sbrana: al mattino sbrana la preda e alla sera spartisce il bottino” (Genesi 49, 27).

Benonìm. Coloro che si trovano in una posizione intermedia, fra i peccatori ed i giusti.

Berachà. (plur. Berachòt) Il termine significa benedizione, formula liturgica di ringraziamento a Dio.

Bereshìt. Letteralmente “In principio” Genesi, il primo dei cinque libri della Torà. È questo l’inizio del Tempo storico, la prima espressione di tempo astronomico che si compendia appunto nella frase della Genesi “Fu sera e fu mattino, un giorno”.

Berià. Letteralmente “Creazione“. Nella Halachà questo termine è utilizzato per le  creature di piccole dimensioni come gli insetti. È anche il nome del secondo dei quattro mondi elencati dalla Kabbalà.

Berìt. Letteralmente “Patto“, di solito indica la circoncisione, essendo essa il suggello del patto tra Dio e il popolo ebraico.

Berìt Milà. Circoncisione.

Bet. (ב) Seconda lettera dell’alfabeto ebraico, che graficamente evoca l’immagine di una casa. A questa lettera è legata la seconda Sefirah, Chochmah (Intelligenza); la sua qualità è la benevolenza ed il regno in cui si svolge la sua azione è quello del pensiero meditativo. Gli angeli che eseguono gli ordini di questa sono gli Ophanìm “Ruote celesti”. Nel Sèfer Yetzirah è scritto: “Dio fece regnare la lettera Bet in Saggezza e le unì una corona e combinò una con l’altra e formò con esse la Luna nel Mondo, il primo giorno dell’Anno e l’occhio destro nell’anima maschile e femminile”. Nel Midrash è riportato che quando il Santo Benedetto Egli Sia decise di “fare” la Creazione, tutte le lettere si presentarono d’innanzi al Trono del Signore e la lettera Bet gli disse: “Maestro dell’Universo, voglia Tu, servirtTi di me per creare il Mondo, visto che io sono l’iniziale della parola Baruch (Benedetto)”. Dio gli rispose: “Hai ragione Io mi srvirò di te per “fare” la Creazione del Mondo e tu sarai la pietra di base dell’intera Creazione”.

Bet Din. (plur. Batè Din) Tribunali rabbinici composti da almeno 3 giudici.

Bet ha-Knèsset. Sinagoga, luogo di preghiera collettiva.

Bet ha-Mikdàsh. Il Santuario di Gerusalemme. Il primo fu costruito dal Re Salomone 440 anni dopol’uscita degli Ebrei dall’Egitto, fu distrutto dopo 410 anni da Nabucodonosor, Re di Babilonia. Il secondo, fu costruito da Ezrà e Nechemyà dopo 70 anni, al ritorno dall’esilio babilonese, durò 420 anni e fu distrutto dall’imperatore romano Tito lell’anno 70 E. V. Il Maimonide scrive che il terzo Bet ha- Mikdàsh sarà ricostruito dal Messia discendente del Re David.

Bikkurim. Termine ebraico che indica l’offerta delle primizie.

Braytà. (plur. Braytòt) Insegnamenti di epoca tannaitica, compilati e insegnati dai Maestri, rimasti fuori dalla Mishnà.

Binah. Termine che significa “Intelletto – Intelligenza” può essere interpretato come ciò che separa le cose, differenziazione. È il nome di una delle dieci Sefiròt. È l’unione dei Principi maschili e femminili che generano eternamente l’Universo, insieme con Keter e Chochmah forma la Triade dell’Intelletto la quale è inaccessibile alla coscienza. Nello Zohar è scritto: “da lei discendono le Forze del Giudizio”. È lei che consente la concentrazione indispensabile per comprendere le Verità del Talmud. Ad essa è connesso il concetto delle Cinquanta Porte della Comprensione. È chiamata anche la “Madre”, nell’Albero della Vita, per la sua capacità di ordinare ed armonizzare le emozioni ed i sentimenti. Essa è il velo attraverso il quale brilla la Sapienza di Dio. Il suo numero è 50 ed è collegato alla lettera dell’alfabeto ebraico נ Nun, da essa si originano cinque delle Luci che alimentano l’Albero della Vita, che prendono il nome di Ghevuròt (Forze).

Birur. Termine che significa “Selezione“. Indica un complesso processo attraverso il quale i Piani inferiori della realtà, cioè  quelli facilmente aggredibili dall’errore e dalle forze negative, vengono minuziosamente investigati alla ricerca delle scintille di luce e di santità che si mescolarono con le forze dell’Altro Lato durante la Rottura dei Recipienti. Secondo i Kabalisti è dovere di ogni creatura umana cercare di liberare dalla scorza che le tiene imprigionate le particelle di luce  (vedi Nitzozot), per consentire loro di ricongiungersi e ricomporsi in unità, come era al principio. Il processo che consente di liberare le particelle di luce dalla scorza che le avvolge, dopo essere cadute in bassao prende il nome di Rettificazione.

Bitul. Termine che indica l’annullamento di se stessi, processo che può avvenire attraverso il Tocca e non tocca.

Cabbalà. (vedi Kabbalà).

Chashmonaìm. Denominazione con cui gli scrittori ebrei indicano, comunemente, la famiglia sacerdotale dei Maccabei. Il termine venne usato, per la prima volta, dallo storico Giuseppe Flavio, vissuto nel I°secolo d.E.V., che lo trasse da Chashmon, bisavolo del sacerdote Matatià (secondo altri il termine deriva dall’ebraico e significa “Ricchi – Potenti“). Gli ultimi Chashmonaìm furono annientati, insieme al lore Gran Sacerdote, Ircano II° da Erode il Grande nel 30 a.E.V.

Cohen. (plur. Cohanìm) Letteralmente sacerdote. Sono i discendenti di Aron, fratello di Mosè, e quindi della tribù di Levi. Sono i soli abilitati al servizio nel Santuario di Gerusalemme.

Cohen Gadòl. Sommo Sacerdote.

Chachàm. (plur. Chachamìm) Letteralmente “Saggio – Erudito – Sapiente“. I Maestri della Mishnà e del Talmùd sono chiamati Chachamìm o Talmidè Chachamìm.

Chanukkà. Letteralmente “Encenie“. Festa ebraica che cade nel mese di Kislèv. Celebra la vittoria degli ebrei Asmonei sugli oppressori greco-siriani e il miracolo dell’ampolla d’olio che bastò per accendere la Menorà, il candelabro del Santuario, per otto giorni, anziché per uno soltanto.

Chassìd. (plur. Chassidìm) Letteralmente “Devoto – Pio“. Questo termine indica anche i membri del movimento fondato dal Baàl Shem Tov, nella prima metà del XVIII° secolo.

Chassidismo. (vedi Chassidut).

Chassidut. Filosofia chassidica. In genere gli storici dell’ebraismo sogliono distinguere tre Movimenti chassidici: il primo, risalente all’epoca della rivolta di Maccabei e del quale farebbero parte gli Esseni; il secondo sorto nella Germania e, per questo, detto Ashkenazita, durante il quale vennero composte numerose opere importanti tra cui il Sefèr ha-Chassidim  e la Merkavà; il terzo fiorito nell’Europa orientale verso la metà del secolo XVIII°, che ebbe carattere eminentemente popolare  e che pone come figura centrale lo Tzaddìk e che ha, come concetto basilare quello della Devekùt.  Quest’ultimo movimento, fiorito soprattutto in Ucraina e in Polonia dal XVIII° al XIX° secolo non ha nulla a che vedere con il Chassidismo Ashkenazita o tedesco medioevale; siamo infatti di fronte ad un nuovo Movimento fondato dal famoso mistico Israel Baàl Shem Tov “il Maestro del Santo Nome“, morto nel 1760. Oggi esistono varie branche di questa corrente di pensiero mistico fra cui la chassidut Chabàd -Lubawitch, Breslev, Gur, Vijnitz, Satmer,Tzanz …, la maggior parte di questi gruppi  prendo il nome dalle città di provenienza.

Chatzòt.  Termine che indica la mezzanotte o mezzogiorno  zemanìt – temporale. (Chatzot Laila – della notte. e Chatzòt ha-Yom mezzogiorno).

Chazan. Termine che indica il “Cantore“.

Chèder. Letteralmente “Aula”. Così viene chiamata la scuola dove si insegna Torà ai bambini.

Chèsed. Letteralmente “Misericordia -Benevolenza”. Nome della quarta Sefirà, indica l’Amore e la Grazia di Dio. Insieme con Ghevurà e Tiferet rappresentanoi tre pilastri dell’Albero Sefirotico, l’Anima Universale, l’intermediario tra l’oggettivo e l’integralmente soggettivo.

Chilùl Hashem. Letteralmente “Profanazione del Nome”. Con questo termine si intende la Profanazione del Nome di Dio.

Chodesh. (plur. Chidashìm) Letteralmente “Mese”.

Daàt. Letteralmente “Ragione – Conoscenza“. Secondo la Kabbalà è il nome dell’undicesima Sefirà.   È questa una conoscenza che coinvolge la ragione e il cuore e accompagna il Saggio nella sua ricerca e nella sua sete insaziabile di apprendere. Fu proprio all’Albero della Conoscenza (Ètz ha-Daàt), che Adamo sottrasse il pomo che avrebbe causato la Caduta. Il Daàt unisce le Sefirot Chochmà e Binà realizzando, così, la loro sintesi etica e religiosa, preludio della liberazione ultima dell’esilio materiale e spirituale. Essa non è compresa nelle dieci Sefiròt e spesso, si sostituisce a Keter, consentendo,così, a quest’ultima che è inaccessibile, di manifestarsi. Quando si contano le dieci Sefirot o si include Keter o Daàt . In Daàt risiedono le dieci specie di luce che alimentano l’Albero della Vita (Ètz ha-Chayìm) di Cui, cinque vengono denominate Amori (Chasadìm), e sono originate da Chochmà, e cinque vengono dette Forze (Ghevuròt) e sono originate da Binà. In sintesi, Daàt è un elemento euritmico nella struttura dell’Albero della Vita (Ètz ha-Chayìm) e costituisce una specie di tessuto connettivo dei fenomeni coscienziali. Quale undicesima Sefirà essa è anche connessa al numero delle spezzie che venivano bruciate nel Tempio di Gerusalemme: dieci di esse erano profumatissime, l’undicesima era nauseante e corrisponderebbe a Daàt.

Dibbuk. Termine ebraico che indica qualcosa che si attacca addosso e, quindi, in senso lato, uno spirito negativo che si insinua nel corpo di una persona e parla attraverso di esso. Per liberare la persona si ricorre all’esorcismo.

Dvekùt. Termine ebraico che indica “l’Unione con Dio“.

Edòm. Popolo antico discendente da Esav.

Èretz Israel. La terra d’Israele.

Efà. Misura di volume o capacità, equivalente a 24,88 litri secondo Shiurè Torà o a 43,2 litri secondo il Chazòn Ish.

Galùt. Termine che indica “Esilio, Dispersione, Diaspora“.

Gan Eden. Letteralmente “Giardino dell’Eden“, il paradiso terrestre originario e per estensione anche il Mondo Futuro.

Gheinòm Luogo in cui le anime sostano al fine di purificarsi prima di entrare nel Gan Eden.

Ghemarà. Letteralmente “Insegnamento – Completamento“. Termine usato per indicare i commenti alla Mishnà e le relative discussioni raccolte nei due Talmud. Questi insegnamenti sono scritti inlingua aramaica orientale: il cosidetto aramaico talmudico.

Gheonìm. Erano i capi delle accademie talmudiche di Babilonia, dalla chiusura del Talmud nel V° secolo dell’E.V. fino all’ultimo dei Gheonìm, rav Hai Gaon, figlio di rav Sherirà Gaòn nell’anno 998 dell’E.V.

Gheulà. Termine che indica la “Redenzione – Liberazione“.

Ghevurà. Indica il “Giudizio – Rigore“. È una delle Sefiròt dell’Ètz ha-Chayìm – Albero della Vita.

Haggadà. (plur. Haggadòt) Termine che significa narrazione, indica la parte della letteratura rabbinica che sfugge alla Tradizione pura e non rientra negli elementi codificati che costituiscono la Torà. Il suo contenuto è fatto di sermoni sacri, leggende, massime, aneddoti, in stile semplice e piano. Aggadà di Pasqua (Pesach) è il formulario che contiene la narrazione dell’Esodo che costituisce, per il popolo ebraico, l’avvenimento salvifico fondamentale della loro storia.

Halachà. (plur. Halachòt) Dalla radice ebraica alàch (andare) indica la via da seguire. Il termine è usato quando si parla di legge talmudica o di decisione finale dei Maestri sull’osservanza delle mitzwòt. La Halachà include le spiegazioni delle mitzwòt della Torà in tutti gli aspetti della vita quali questioni di “Issùr ve-hetèr” (cose proibite e permesse), di “Mamonòt” (questioni monetarie) e di “Nefashòt” (questioni che riguardano crimini passibili di pena capitale).

Hashem. Letteralmente “Il Nome”. Parola usata per sostituire il nome ineffabile impronunciabile di Dio, il Tetragramma.

Hashkavà. Preghiera che si recita in memoria dei defunti.

Haskamà. Lettera di approvazione, indica l’approvazione scritta che un’autorità rabbinica concede e che viene pubblicata all’inizio di un libro.

Havdalà. Preghiera che viene recitata al termine dello Shabbàt e delle Festività, nella quale si afferma essenzialmente la diversità fra questi giorni ed il resto della settimana.

Hod. Termine ebraico che significa “Gloria, Maestà, Decoro“. Indica l’ottava Sefirà. L’etimologia di Hod è la stessa della parola Confessione (Viddui) e indica la disponibilità a fraternizzare con gli altri. Secondo il Chassidismo la qualità predominante di Hod è la semplicità; essa indica il principio attivo femminile ed è quindi paragonabile a una sorta di Madre Natura. Ad essa è associato Aron fratello di Mosè, Gran Sacerdote d’Israele.

Hoshanà Rabbà. Settimo giorno della festa di Sukkot.

Ibbur. Termine ebraico che indica qualcosa che aderisce, si riveste. Secondo la Kabbalà è questo uno spirito di un Giusto che aderisce ad un individuo per aiutarlo ad evolversi spiritualmente .

Israel. Termine che deriva dal ebraico “Saroh” che significa “Avere il sopravvento“. Oltre che in riferimento al Patriarca Yakòv, o al popolo ebraico, il termine viene comunemente impiegato per designare chiunque non sia Choen o Levi.

Iyàr. Termine che deriva dalla radice “Or”, che significa Luce. Ottavo mese del calendario ebraico, corrisponde circa  ai mesi di aprile- maggio. È  il mese del segno zodiacale del Toro secondo la tradizione kabbalistica. In questo mese cade la festa di Pesach Shenì (Secondo Pesach) la cui origine risale ai tempi di Mosè, il quale la istituì per consentire a coloro i quali, per una ragione qualsiasi, non avevano potuto partecipare alla cerimonia del Primo Pesach, di celebrarla il mese dopo. In questo mese si celebra anche Lag ba-Omer (Il 33° giorno dell’Omer) in cui si ricorda la morte di Rabbì Shimon Bar Yochai, l’autore dello Zohar.

Kabbalà. Letteralmente “Tradizione“. Termine che indica l’insieme delle dottrine e delle tradizioni mistiche ebraiche tramandate da Maestro a discepolo.

Kahàl. Letteralmente “Pubblico – Congregazione“. Termine che si usa in riferimento alle persone che partecipano alla preghiera collettiva.

Kedushà. Letteralmente “Santità“. È Un brano che viene recitato dal Hazan e dal pubblico nella ripetizione della Amidà. In esso si celebra la grandezza di Dio. Secondo la Kabbalà è la separazione del comportamento umano dal mondo materiale a quello spirituale e la sua elevazione.

Ketuvìm. Agiografi, letteralmente “Scritti”. Sono quegli scritti che fanno parte del canone biblico insieme alla Torà ed ai Profeti. Questi sono I Salmi di David, i Proverbi, il libro di Giobbe, il Cantico dei Cantici, il libro di Rut, le Lamentazioni, il Kohelet, il libro di Ester, Daniele, Esdra, Nechemià ed i due libri delle Cronache.

Kitzùr Shulchàn Aruch. Un compendio delle quattro parti dello Shulchàn Aruch, composto da Rabbì Shelomò Ganzfried (1804 – 1886) di Ungwar.

Kohèn. (ved. Cohen)

Maccabei. (Vedi Chashmonaìm).

Melachà. (plur. Melachòt) Le 39 melachòt, cioè opere proibite di Shabbàt, implicite nel verso: (Shemòt XX, 9-10) “Lavorerai per sei giorni e farai tutta la tua opera (melachà) e il settimo giorno è Shabbat“. Queste melachòt –  divieti, non specificate nella Torà scritta, sono parte dell’insegnamento del Sinai tramandato oralmente da Mosè (vedi Talmud Shabbàt, 73a).

Midràsh. (plur. Midrashìm) Insegnamenti del periodo dei Maestri della Mishnà che seguono i versetti della Torà. Gli insegnamenti di carattere halachico dei Midrashìm hanno forza legale quando non sono in disaccordo con il Talmud.

Mishnà. (plur. Mishnayòt) Il compendio dell’insegnamento tramandato oralmente da Mosè redatto da Rabbì Yehudà ha-Nassì alla fine del II secolo E.V. Oltre alle decisioni legali dei Tannaìm (i Maestri dell’epoca), comprende anche le decisioni di origine più antica. La Mishnà è divisa in sei ordini: Zeraìm (delle Sementi), Moèd (delle Feste), Nashìm (delle Donne, che tratta le regole relative a matrimoni e divorzi), Nezikìm (dei Danni), Kodashìm (delle Cose Sacre),Tahoròt (delle Purificazioni). I sei Ordini sono divisi in settantatrè trattati (o Masechtòt). La Mishnà crea il precedente legale; I Maestri del Talmud (Amoraìm) non possono opporsi agli insegnamenti dei Maestri della Mishnà.

Mishnà Berurà. Commento allo Shulchàn Aruch,(Orach Chayìm), pubblicato da rav Israel Meir ha-Choen detto Chafètz Chayìm all’inizio del Novecento.

Mitzwà. (plur. Mitzwòt) Sono i comandamenti  che Dio comanda ad ogni Ebreo, sono contenuti nella Torà, ed hanno lo scopo di educare l’uomo a vivere secondo la volontà di Dio. Sono 613, dei quali 365 negativi e 248 positivi. Esiste un’altra classificazione delle mitzwòt. Vi sono mitzwòt orizzontali, che riguardano i rapporti fra gli esseri umani (ben Adam lachaverò) e mitzwòt verticali, che riguardano i rapporti fra l’uomo e Dio.

Neviìm. Profeti o Libri dei Profeti.

Pidiòn ha-Ben. Riscatto del primogenito di madre.

Posek. (plur. Poskìm) Sono i decisori della Halachà dal XI° secolo fino ai nostri giorni. Si distinguono tra Rishonìm (XI°-XV° secolo) e Acharonìm (XV°-XX° secolo).

Purìm. Festività che commemora la miracolosa salvezza degli ebrei nel IV° secolo a.E.V. dal decreto di sterminio di Aman, grand vizir di Astaserse, Re di Persia.

Responsi. (o Shùt abbreviazione di  Sheelòt u-Teshuvòt) Sono risposte formali a domande legali. I primi responsi sono citati nel Talmud e le compilazioni di responsi post-talmudici iniziano nell’VIII° secolo.

Rishonìm. Letteralmente a “I Primi” Le autorità rabbiniche che seguirono i Gheonim di Babilonia nel periodo tra il 1038 al 1400. Secondo alcuni studiosi, il periodo dei Rishonìmpresso gli ashkenaziti termina nel 1349 e solo cent’anni più tardi tra i sefarditi.

Savoraìm. I Maestri nel periodo tra la fine della compilazione del Talmud (circa 500 E.V.) e l’inizio dei Gheonìm di Babilonia (640 E.V.).

Sefèr. Letteralmente “Libro“.

Sefèr Torà. Letteralmente “Libro della Torà“. È il Rotolo della Torà, che consiste in un rotolo di pergamena su cui uno scriba qualificato scrive, con caratteri particolari, il Pentateuco.

Sefèr ha-Chinuch. Opera che elenca e spiega le 613 mitzwòt della Torà. Fu pubblicato per la prima volta a Venezia nel 1523 senza il nome dell’autore. Nell’introduzione, l’autore disse di essere un Levi di Barcellona. Un commento a quest’opera fu scritto da Rav Avraham Vivanti di Ancona.

Sefèr ha-Mitzwòt. Opera del Maimonide nella quale elenca e spiega le 613 mitzwòt della Torà.

Semichà. Titolo rabbinico. Letteralmente significa “investitura o Apposizioni delle mani” del Maestro sulla testa del discepolo. La semichà permette al discepolo di essere chiamato Rav e di decidere su questioni di Halachà.

Shabbàt. Il settimo giorno della settimana (sabato) che deve essere dedicato allo studio della Torà e all’astensione da 39 melachòt. (vedi Melachà)

Sheelòt u-Teshuvòt. (vedi Responsi)

Shekèl. È l’unità monetaria della Torà, usata dagli ebrei dopo l’uscita dall’Egitto. Secondo alcuni lo shekèl della Torà pesava circa 11 grammi. La moneta di Tiro utilizzata nel secondo Bet ha-Mikdàsh, anch’essa denominata shekèl, pesava in media circa 14,6 grammi.

Shulchàn Arùch. Letteralmente “Tavola apparecchiata“. È il principale codice della Legge ebraica. L’autore, Rav Yosef Caro, volle presentare le regole di vita ebraica pronte per essere usate, appunto, come una tavola apparecchiata. Nella maggior parte delle halachòt nelle quali l’opinione dei codificatori precedenti  non concordava, Rav Yosef Caro decise a maggioranza tra le opinioni del Rif, del Maimonide e del Rosh. Dal momento che Rif e Maimonide sono sefarditi, nel comporre lo Shulchàn Arùch, la decisione halachica in genere è basata sui precedenti codici di origine sefardita. Rav Moshè Isserles (il Remà) aggiunse le sue glosse, denominate la “Mappà” o “Tovaglia” che include le halachòt in uso presso gli ashkenaziti e in questo modo rese lo Shulchàn Arùch un’opera accettata da tutti.

Shulchàn Arùch ha-Rav. Opera halachica di Rav Shneur Zalman di Liadi (1745 -1813), fondatore della dinastia chassidica che si trasferì nella cittadina di Lubavitch e da essa prese il nome.

Shùt. (vedi Responsi)

Talmud. Comprende la Mishnà e la Ghemarà. La Ghemarà è la discussione dei Maestri del Talmud o Amoraìm che spiegano il testo della Mishnà. Del Talmud esistono due versioni : il Talmud Bavlì (babilonese) e il Talmud Yerushalmì (di Gerusalemme) o, più propriamente, di Èretz Israel. Il Talmud babilonese ha maggiore autorità perché la sua redazione, avvenuta probabilmente verso la fine del quarto secolo del’E.V. da parte di Rav Ashè e Ravinà, segue di quasi due secoli la redazione del Talmud di Èretz Israel da parte di Rabbì Yochanàn e Rabbì Shimòn ben Lakìsh. Gli Amoraìm di Babilonia conoscevano gli insegnamenti degli Amoraìm di Èretz Israel e in alcuni casi non li accettarono. Per questo motivo quando c’è una divergenza tra il Talmud babilonese e quello di Èretz Israel si segue di regola l’opinione del primo. Il Talmud è considerato Sof Horaà, cioè la fine dell’insegnamento e crea il precedente in tutte le leggi ivi contenute.

Tannaìm. Sono i Maestri della Mishnà, vissuti tra il I° secolo a.E.V. e l’inizio del III°secolo E.V.

Tefillà. Termine ebraico che indica la “Preghira“.

Tosafòt. Letteralmente “Aggiunte“. I commenti al Talmud dei Maestri Tosafisti (XII° e XIII° secolo) tra i quali il più famoso fu Rabbenu Tam, nipote di Rashì.

Toseftà. Sono gli insegnamenti dei Tannaìm non inclusi nella Mishnà ma spesso inclusi nella Ghemarà.

Tur. Codice di legge talmudica, chiamato anche Arbaà Turìm letteralmente “Quattro Pilastri“, compilato da Rav Yakòv (1268 – 1340) figlio del Rosh. La prima edizione del Tur fu stampata nel 1475 a Piove di Sacco. È una delle principali opere di codificazione della Halachà e servì di base per la redazione dello Shulchàn Aruch.

Yeshivà. (plur. Yeshivòt) Accademia talmudica.

Yomtòv. Letteralmente “Giorno Bouno“. È il giorno festivo nel quale è proibito fare la maggior parte delle melachòt proibite di Shabbàt.